Altare maggiore

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La pala d’altare, olio su tela, raffigurante la Madonnacon il Bambino Gesù adorato dai Santi Benedetto e Girolamo è opera di Alessandro Varotari detto il Padovanino (nato a Padova nel 1588 e morto a Venezia nel 1649), che si formò a Padova e fu fortemente influenzato dalle opere di Tiziano. Ricorda infatti il Boschini (1674) che il giovane “Padovanino” soleva esercitarsi copiando “quei miracoli di Sant’Antonio di Padoa, dipinti a fresco da Tiziano [...], rimettendoli ad oglio con maniera così naturale, che inamoravano chi li vedeva”.

Sia la pala che l'altare furono donati alla confraternita nel 1798 da Paganino Sala provenendo dalla demolita chiesa di San Biagio. La confraternita accettò o forse ricercò la donazione poiché il dipinto, presentando in bella evidenzala Vergine Mariacon il Bambino Gesù, andava a completare l’ideale trittico francescano del quale si è già scritto.

La madonna appare assisa in trono, vestita di una veste scarlatta con un velo di colore nero con interno bianco (al modo dell’abito delle monache benedettine) e con il bambino Gesù in braccio dal quale rifulge l’aureola che gli circonda il capo. Proteso versola Verginecon bambino, in adorazione, è un austero san Benedetto da Norcia, con la cocolla monastica di colore nero con vicini mitria e pastorale a ricordare la sua dignità di abate.

Seduto e pensieroso è invece un vigoroso San Girolamo, venerando anziano con barba e capelli bianchi. Il Santo è uno dei quattro massimi Dottori della Chiesa ed è qui rivestito solo parzialmente da un drappo scarlatto “cardinalizio”, ad indicare gli incarichi svolti per la curia di Papa Damaso a Roma. Sulle sue ginocchia si trova un gran libro aperto, come nelle rappresentazioni di tutti i Dottori della Chiesa ma qui è un’ulteriore simbolizzazione della sua vita sempre occupata a studiare autori sacri, tanto che la sua traduzione in latino dell’Antico Testamento direttamente dai testi originali, detta Vulgata, fu canonizzata dal Concilio di Trento (XVI sec.) e divenne la base dell’insegnamento della Chiesa per molti secoli a seguire. Ai suoi piedi si trova un leone che gioca con le sue vesti come un animale domestico, secondo una remota leggenda in cui, con pietà ardimentosa, il protagonista estrae una spina dalla zampa del re degli animali, la cui gratitudine cancella l’abituale ferocia. Infine ai piedi del Santo, sull’angolo in basso a destra della pala, si trova un teschio umano attributo iconografico di origine fiamminga che accompagna gli eremiti in penitenza, simbolizzazione della vanità delle cose di questo mondo.

San Girolamo viene effigiato insieme a San Benedetto perché fu un forte propagatore dell’ideale di vita monastica nella Roma del IV secolo; ideale che venne poi portato a compimento con la nascita del monachesimo occidentale codificato da San Benedetto da Norcia.