Descrizione: La scena è ambientata all’aperto su un terreno incolto, dominato da una rupe rocciosa dall’aspetto minaccioso in parte ricoperta da una vegetazione di un colore verde scuro con sterpi agitati da una bufera simile a quella che turbina nel petto del marito geloso; il tutto sotto un cielo coperto da nubi scure attraverso le quali un piccolo sole cerca a fatica di fare capolino.
In primo piano si vede il cavaliere – il marito, rivestito di un elegante abito a scacchi bianchi e rossi (i colori della città di Padova), accecato dall’idea di essere stato tradito dalla moglie, proteso in avanti con il braccio destro alzato mentre brandisce un pugnale che già ha squarciato il petto della moglie, dal quale zampilla un fiotto di rosso sangue sul corsetto, che lascia intravedere le forme muliebri.
La donna è trattenuta a terra con forza brutale dal marito che le afferra i capelli con la mano sinistra. La moglie, rivestita di un’ampia gonna di un intenso colore giallo (il colore della gelosia), si contorce a terra e con il braccio cerca di schivare gli ulteriori colpi del marito, così concitato che un ciuffo di capelli gli scende quasi davanti all’occhio su un volto barbuto dai profili appuntiti.
Tutto si svolge con rapidità. I due corpi sono coordinati fra loro; ma la violenza, la subitaneità del fatto sono espressi dal divergere delle relative posizioni (la disperata contorsione della moglie e l’inesorabile determinazione dell’uomo nel bilanciarsi su una gamba spingendosi avanti con l’altra) e dai contrasti cromatici (l’ampio panneggio giallo della gonna e la bianca camicia insanguinata di lei; la veste a scacchi bianchi e rossi del marito). Dall’affresco emerge l’azione, non la meditazione.
In secondo piano, molto in piccolo, si vede il miracolo: il marito geloso inginocchiato innanzi al Santo oramai pentito della propria violenza mentre la moglie torna sana per intercessione del Santo.
La tecnica compositiva dell’opera è rivoluzionaria. La drammatica efficacia del racconto, l’introspezione psicologica nella resa dei volti, l’immediatezza dei gesti nella violenza brutale dell’uomo che brandisce l’arma e nel terrore che scompone le membra e le vesti della donna buttata al suolo, segnano un evidente distacco dalle fluide atmosfere e tranquille situazioni giorgionesche. Questa può essere considerata la prima opera di Tiziano realizzata in piena autonomia da qualsiasi retaggio artistico precedente nella quale dimostrò un intenso realismo ed un robusto senso dell’azione.
Agiografia: Dalla Vita di sant’Antonio di Sicco Polentone (n. 36): Quest’altro miracolo accadde sicuramente in Toscana. Un cavaliere di questa regione, egregio per nobiltà e ricchezza, cedeva facilmente a esplosioni di collera. Tali scoppi di rabbia erano così violenti, che costui, simile a un pazzo furioso, non sapeva cosa dicesse o casa facesse.
Aveva in moglie una degna gentildonna. Un giorno che questa ebbe a rispondergli una frase sconsiderata, sopraffatto da un’ira fulminea, come era il suo solito, la percosse con una tempesta di pugni e calci, la trascinò qua e là per tutta la casa, le strappò i capelli – meraviglioso ornamento muliebre – e la precipitò dal solaio giù nel cortile, lasciandola in fin di vita.
Alla notizia del funesto eccesso, tutti quelli di casa accorrono; famigli e fantesche raccolgono la signora e la adagiano con ogni cura nel letto. Frattanto il cavaliere, addolorato per la bestialità commessa, e pentito, pregò con insistenza sant’Antonio – il quale in quei giorni soggiornava in quella città, ed essendosi sparsa la fama della sua santità, era tenuto in somma venerazione da tutti – perché intervenisse in soccorso della sventurata. Che dire? Si affretta il Santo, accompagnato dal cavaliere; lenisce con la mano le ferite della donna e vi traccia sopra il segno di croce. Poi, genuflesso, supplica Dio di ridonare salute e vita alla morente.
La signora, che giaceva tutta rotta e pareva ormai deceduta, alla preghiera del Santo si rialzò completamente risanata.