Risuscitazione di Tommasino

Miracolo della risuscitazione del piccolo TommasinoOpera n. 14 eseguita ad affresco da Girolamo Tessari detto "dal Santo" nell'anno 1524.

Descrizione: La scena è divisa in due episodi dalla presenza della finestra al di sopra della quale l’affrescatura del soffitto a travi della stanza nella quale avviene il miracolo conferisce all’opera un’evidente unitarietà. Nel riquadro verso destra si può osservare un bambino di pochi anni caduto in una callara piena d’acqua che si sta scaldando nel focolare. Di fronte un piccolo sgabello rovesciato sul quale il bimbo era salito per curiosità ritrovandosi ora annegato mentre la madre nobilmente abbigliata accorre con le braccia tese in avanti atterrita dall’idea della morte del figlio. In primo piano una piccola sedia sulla quale posa un gatto sornione a simbolizzazione del maligno.

Nel riquadro verso sinistra invece si osserva sant’Antonio seduto alla destra del padre del fanciullo, ad una tavola ben apparecchiata, mentre la madre è in piedi che accoglie dalle braccia di un’ancella il piccolo Tommasino tornato roseo alla vita. Su tutto domina, da un quadro appeso alla parete, lo sguardo benedicente della Madonna con il bambino Gesù. In primo piano un piccolo cane bianco che scodinzola festoso a simbolizzazione della santità e della Fede in Dio a fare da contraltare al gatto sornione di destra. 

Il miracolo riveste una particolare importanza nella storia della devozione antoniana poiché ad esso si fa risalire la tradizione di donare il Pane dei poveri in onore di sant’Antonio, così come la madre di Tommasino aveva fatto voto di donare tanta farina quanto pesava il figlio se questo gli fosse stato ridato vivo dal Santo. 

La scena trasmette un’atmosfera squisitamente domestica, familiare pur nella semplicità del tratto e senza pretese artistiche visto il confronto con i due capolavori vicini del Tiziano. Probabilmente un tale sentimento trova delle spiegazioni autobiografiche nel Tessari, che si era sposato l’anno precedente e che in quel momento era trepidante per il suo piccolo primogenito. 

Agiografia: Dalla Rigaldina (11, 69-79):

Un bimbo di venti mesi, di nome Tomasino, i cui genitori avevano l’abitazione vicino alla chiesa del beato Antonio, in Padova, fu lasciato incautamente da sua madre accanto ad un recipiente pieno d’acqua. Si mise a fare nell’acqua giochi infantili e forse, vedendoci riflessa la sua immagine e volendo inseguirla, precipitò nel recipiente testa all’ingiù e piedi in alto. Siccome era piccino e non poteva sbrogliarsi, ben presto vi rimase affogato.

Trascorso breve tempo, la madre ebbe sbrigate le sue faccende, e vedendo la lontano i piedi del bimbo emergere da quel recipiente, si precipitò urlando forte con voce di pianto e trasse fuori il piccino. Lo trovò tutto rigido e freddo, perché era morto annegato. A tale spettacolo gemendo di angoscia, mise sossopra tutto il vicinato con i suoi lamenti ad alta voce.

Molte persone accorsero sul posto, e tra queste alcuni frati minori insieme con operai, che a quel tempo lavoravano a certe riparazioni nella chiesa del beato Antonio. Quando ebbero veduto che il bambino era sicuramente morto, partecipando alla sofferenza e alle lacrime della madre, essi si ritirarono come feriti dalla spada del dispiacere. La madre tuttavia sebbene l’angoscia le straziasse il cuore, prese a riflettere sugli stupendi miracoli del beato Antonio, e ne invocò l’aiuto onde facesse rivivere il figlio morto. Aggiunse anche un voto: che darebbe ai poveri la quantità di grano corrispondente al peso del bimbo, se il beato Antonio lo avesse risuscitato. Dal tramonto fino alla mezzanotte il piccolo giacque morto, la madre continuando senza sosta ad invocare il soccorso del beato Antonio e replicando assiduamente il voto, allorché, - cosa mirabile a dirsi! – il bimbo morto riebbe vita e piena salute. 

Come si sarà notato c’è una certa discrepanza tra la narrazione della Rigaldina, che colloca il miracolo dopo la morte del Santo e l’affresco che lo ambienta invece alla presenza di sant’Antonio, chiaramente identificabile perché dei due frati presenti nella scena è l’unico ad avere l’aureola simbolo di santità. Questa discrepanza non è l’unica esistente nelle diverse fonti agiografiche antoniane ma non intacca il messaggio del miracolo che spinge alla carità verso i poveri, gesto evangelico del quale si sarà ripagati con la potente intercessione del Santo.

Le opere della sala priorale