Il Consiglio Direttivo, spinto dalla grande devozione verso quest’immagine sacra, ha deliberato di gravare il costo dell'intervento sul bilancio associativo consentendo un ripristino doveroso supervisionato dalla Veneranda Arca del Santo.
Relazione della restauratrice Dott.ssa Milena Maria Dean di Fiumicello (UD)
DIMENSIONI: Cristo cm. 97 x 65 x 26; Croce cm. 240 x 93 x 10
DIREZIONE LAVORI: Dott.ssa Anna Maria Spiazzi - Soprintendenza per i Beni Storici Artistici e Demoetnoantropologici del Veneto
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA: Mario Brogiolo, Brescia
Il cristo crocifisso, di bella fattura, datato al 1715, grazie al ritrovamento di un documento d’archivio, fu commissionato allo scultore Giovanni Bonazza, dalla Confraternita di Sant’Antonio Confessore per la cifra di Lire 186.
Non si tratta dell’unico crocifisso in legno sino ad ora attribuito con certezza di documento allo scultore; nella chiesa di S. Lucia a Padova, collocato sull’altare di sinistra, vi è un crocifisso ligneo firmato Jo Bonazza fecit 1733. (v. Camillo Semenzato “ La scultura veneta del seicento e del settecento” 1966 pp. 120)
Il cristo è posto su una croce definita da due tronchi lavorati a tutto tondo, con nodosi rami recisi. La figura presenta una forte asimmetria nell’andamento del corpo, con il braccio sinistro più staccato dalla croce e ruotato nella spalla, a cui fa da contrappunto la postura della gamba destra, che avanza sulla sinistra; il tutto all’interno di un avvitamento del corpo di chiaro sentire tardo-barocco.
Il perizoma, basso sui fianchi, si avvolge in pieghe e risvolti ad una doppia corda annodata sul fianco destro, il drappeggio è impreziosito da una bordura frangiata.
L’opera raffigura il Cristo spirante, con il capo reclinato sulla spalla dx., la bocca semiaperta, gli occhi socchiusi. La tipologia del volto con lo zigomo molto pronunciato, la guancia infossata, l’arcata sopraccigliare alta e definita, la barba corta e bipartita a piccole ciocche, la mossa capigliatura portata dietro l’orecchio sinistro con una ciocca che ricade sulla guancia, il naso sottile e diritto, sono caratteri che si ritrovano ripetuti nelle sculture dell’autore.
Anche la tensione molto accentuata nella muscolatura delle braccia, il forte inarcarsi della schiena e la definizione vigorosa nella plastica del torso, il movimento nelle gambe raccolte, avvicinano questa scultura sicuramente alla produzione dello scultore padovano.
Il bel cartiglio dorato è decorato da una fitta bulinatura; una raggiera dorata si sviluppa all’incrocio delle braccia della croce, il tema della raggiera ricompare come decoro nell’aureola dorata, posta sul capo del Cristo.
La perfetta esecuzione a tutto tondo del soggetto scultoreo, la lunghezza della croce sono tipici di questi crocifissi professionali; una serie di incastri a sezione circolare (con fermi e graffe di ferro) nella parte terminale delle braccia della croce, testimonia le sedi in cui venivano fissati e bloccati i grandi “gigli” in argento, ora perduti.
TECNICA ESECUTIVA
La scultura è ricavata in legno di cirmolo (Pinus Cembra L.), essenza molto usata in Veneto, a questa data nella scultura lignea policroma.
La scultura è composta da due blocchi principali che definiscono il corpo dal collo al ginocchio, compreso il perizoma, due masselli con cui è realizzata la testa, quattro masselli da cui sono ricavate le braccia e la parte finale delle gambe, più altri piccoli masselli con cui sono realizzate le dita ed alcuni particolari nel perizoma e nei capelli.
L’estrema leggerezza della scultura è determinata dallo svuotamento interno dei blocchi di legno che la definiscono; con la sola eccezione della parte inferiore (attaccatura delle gambe sotto il ginocchio) e delle braccia.
Anche la testa è scavata all’interno (lo spessore di questo “guscio” di legno è inferiore ad 1 cm.).
Le braccia sono applicate al tronco, all’altezza delle spalle, con delle chiodature trasversali, mentre le gambe sono incollate ed incavicchiate.
Le dita di mani e piedi sono ricavate per parte (le ultime falangi) dall’assemblaggio di piccoli masselli, incollati con colla forte.
Alcune incertezze nell’intaglio del volto e nell’anatomia del corpo sono da ricercare nella particolare tecnica di costruzione.
La scultura assemblata in tutte le sue parti è stata con accuratezza rifinita nella superficie con sgorbie e paste abrasive (come da tradizione).
La policromia ad olio è stesa direttamente sul supporto, priva di strati preparatori; tra strati pittorici e supporto compare solo una chiusura di natura proteica.
La stesura pittorica è abbastanza raffinata con ampio uso di velature, un colore molto liquido e tirato soprattutto nel volto e nel petto; le gocciolature di sangue, numerose su tutto il corpo, passano da una definizione a velatura sino ad un leggero rilievo; in questo caso abbiamo una prima campitura più spessa su cui poggia una finitura trasparente e più scura, che ne accentua la profondità (come nel costato e nei rivoli che scaturiscono dalle chiodature di mani e piedi).
Il perizoma è decorato con una stesura verde-azzurra ad olio contenente smaltino; sopra sono applicate a missione le decorazioni in lamina d’argento.
La policromia è stata stesa senza aver livellato le imperfezioni presenti nel supporto; sono evidenti i dislivelli nelle giunzione fra le varie parti del crocifisso, le imperfezioni del legno in corrispondenza dei nodi resinosi.
La mancanza di uno strato preparatorio (seppur minimo, come era tipico a questa data) mette in evidenza alcune incongruenze plastiche, come la rigidità in parte dei piedi e delle mani, alcuni particolari decorativi del perizoma, e alcuni particolari del collo e del volto; questi dettagli, intagliati con scavi molto decisi e privi di arrotondamenti, erano pensati per ricevere uno strato preparatorio intermedio alla pellicola pittorica, che aveva la funzione di ammorbidire e correggere questa semplificazione nell’intaglio.
Non è raro che sculture lignee, anche eseguite su legno dolce, avessero finiture prive di strati preparatori, ma di norma il supporto veniva curato con maggior attenzione e soprattutto venivano condotte delle correzioni, anche limitate, con impasti di gesso e colla.
La croce ha una vivace policromia a finta radica realizzata con diversi passaggi a velatura di terre legate a colla, con inserti di foglia d’oro applicati a guazzo tra un passaggio e l’altro; tutta la superficie è stata poi brunita: qui gli strati preparatori sono molto spessi, dati in almeno due stesure.
L’aureola e la raggiera sono dorate a guazzo, la raggiera ha subito una drastica riduzione nelle parti inferiori.
Dimensioni massime: Cristo : cm. 65 x 97 x 26 c.a.; Croce: cm. 240 x 93 x 10 c.a. .
PRECEDENTI INTERVENTI E STATO DI CONSERVAZIONE
La scultura ha subito numerosi interventi databili entro il XIX ed inizi XX secolo.
I tasselli eseguiti sull’opera hanno indicato tre interventi di ridipintura totale, alcuni piccoli interventi parziali ed una verniciatura oleo-resinosa .
La numerosa sequenza delle ridipinture in un arco di tempo tanto limitato è da porre in relazione al particolare utilizzo del crocifisso ed ad una gran devozione per lo stesso.
1) Primo intervento di ridipintura:
Sul crocifisso abbiamo una prima stesura giallo-verdastra, molto spessa e contenete olio, gesso e biacca, stesa sopra una superficie pittorica originale precedentemente trattata con sostanza alcalina (che ha abraso e reso molto reattive le superfici pittoriche originali); il perizoma viene ridipinto di azzurro chiaro con decori dorati stesi su una base a missione.
Questo primo intervento vede anche la sostituzione di due dita della mano sinistra (anulare e medio) con un rifacimento di bassa qualità.
La croce viene ripresa nella parte inferiore e in alcune zone della parte superiore con uno strato di gesso e successivo strato oleoso nero, le restanti parti presentano solo uno strato oleoso nero. Queste limitate stuccature erano state applicate per risanare dei danni localizzati.
2) Secondo intervento di ridipintura:
L’incarnato viene ridipinto ad olio con un colore rosa tenue, la nuova ridipintura viene applicata sulla precedente con uno strato intermedio di colla proteica; il perizoma viene ridipinto con uno strato oleoso bianco
Durante questo intervento l’alluce del piede destro, carbonizzato in parte a causa di un danno accidentale (le candele?), viene parzialmente modellato con uno stucco oleoso; altre stuccature vengono condotte in prossimità delle ginocchia, delle braccia, delle spalle, della fronte.
Si inseriscono delle brutte e lunghe spine nella corona.
La croce viene ripresa con una porporina di bassa qualità, che si altera in bruno verde dopo breve tempo; notevoli anche in questo secondo intervento le aree stuccate nella parte inferiore (sino a circa 1 metro di altezza). Una piccola parte della corona di spine è rifatta a stucco.
3) Intervento di ridipintura:
Su tutta la scultura viene steso uno strato di ridipintura oleo-resinosa di tono nero-verdastro.
La raggiera viene spezzata e ridotta e quindi applicata con le attuali barrette in ferro.
4) Verniciatura oleo-resinosa:
Intervento più recente, steso in modo omogeneo su tutta l’opera; lo spessore della vernice aveva causato alcuni sollevamenti nelle parti dorate.
La croce infine, pur rispettando la sequenza delle stratificazioni corrispondenti alle varie ridipinture del cristo, ha subito in precedenza un rifacimento completo di tutte le stesure pittoriche, accompagnato dalla demolizione pressoché totale delle stesure originali, la finta radica attuale è ottocentesca. (vedi il paragrafo sull’ intervento di restauro).
INTERVENTO DI RESTAURO
La scultura è stata ricoverata in laboratorio, dopo aver controllato in loco che non sussistessero problemi di sollevamento negli strati pittorici da dover ricorrere ad una velinatura di protezione.
Dopo le fasi di documentazione fotografica, il crocifisso è stato rimosso dalla croce con cautela, si sono asportati i depositi incoerenti e si è eseguita una prima disinfezione preventiva (non avendo rilevato sull’opera alcuna foratura da xilofagi).
Si sono operati dei microtasselli, sotto controllo di microscopio stereoscopico, che hanno fornito la sequenza materica presente sull’opera.
La stessa operazione è stata ripetuta sulla croce (dove però le differenze esecutive e la tipologia del decoro a finta radica, facevano supporre un sentire più tardo) due piccoli tasselli condotti in aree definite, hanno confermato la presenza molto frammentaria di uno strato preparatorio al di sotto delle stesure attuali, con tracce ancor più labili di una lamina d’argento (questo insieme di strati, ove presente, era graffiato da profonde incisioni a raffietto).
Confrontando i dati delle ridipinture del cristo, con quelli presenti sulla croce appare evidente che questa “nuova facies” decorativa della croce a finta radica, è antecedente al primo intervento di ridipintura sul crocifisso.
La buona conservazione e la completa perdita delle stesure originali sulla croce hanno portato al mantenimento dell’ultimo intervento a finta radica.
E’ probabile supporre che la lamina d’argento, di cui la croce era ricoperta in origine, si fosse talmente ossidata da non renderla più accettabile e di conseguenza la si è rimossa per sostituirla con la decorazione a finta radica (si tratta comunque di un intervento di primo ottocento).
Dopo aver controllato l’adesione degli strati pittorici e delle dorature si è passati alla rimozione delle ridipinture.
La rimozione delle ridipinture è avvenuta con miscele di solventi organici e soluzioni tamponate supportate; l’ultimo strato è stato asportato a bisturi per riduzione, dopo averlo ammorbidito con soluzioni tamponate.
Anche la croce è stata liberata dalle ridipinture e dalle stuccature di restauro sino al livello attuale, dopo aver rimosso gli elementi della raggiera ed il cartiglio.
L’operazione sulle policromie del crocifisso è stata molto complessa, soprattutto nell’asportazione dell’ultimo spesso strato, che si era per parte tenacemente legato alle superfici originali e che non presentava strati di patina intermedi. La pesante pulitura a base alcalina, che la scultura aveva subito prima della stesura di questa ridipintura, aveva reso molto reattiva e mobile la cromia originale.
In alcune zone, soprattutto nella capigliatura e nella barba non si è riusciti ad eliminare del tutto questo spesso strato, proprio per la finezza degli intagli che rendeva molto ardua la rimozione a secco (pur utilizzando piccoli strumenti di precisione); la grande reattività delle cromie originali rendeva difficile anche un’asportazione chimica (a solvente), che non compromettesse la stesura originale.
Terminata la rimozione delle ridipinture e stuccature non originali, si è operato un controllo delle adesioni nelle superfici pittoriche, dei sistemi d’assemblaggio e dello stato di conservazione del supporto.
PROBLEMI DI INTEGRAZIONE
Recuperate le cromie originali sul crocifisso e le cromie a finta radica della croce, il problema dell’integrazione pittorica appariva complesso.
Sulla superficie pittorica, chiara e luminosa, erano affiorati numerosi nodi resinosi (la mancanza di uno strato preparatorio e la stesura oleosa delle cromie avevano accentuato la mobilità dell’essudato resinoso).
Le piccole lacune da abrasione, presenti in numerose zone degli incarnati, mettevano in evidenza un supporto scuro, per la presenza del turapori proteico.
Le dita della mano destra, rifatte, erano molto sommarie, e diverse nel tipo di essenza (abete); la grave bruciatura presente sull’alluce del piede destro era scura ed evidente.
Vista l’epoca della scultura, valutata la qualità delle chiare superfici si è deciso che tali interruzioni del tessuto pittorico non reggevano nella visione dell’insieme, ma creavano un disordinato tessuto a buchi scuri.
Anche nella croce le ampie lacune della parte inferiore e mediana, e delle parti terminali, erano fattori di disturbo; in questo caso resi ancor più marcati dalla perdita di strati preparatori molto spessi.
Si è deciso quindi di eseguire una ricucitura a tratteggio, con stuccatura a livello di tutte le lacune; il danno all’alluce destro è stato risolto con una leggerissima stuccatura per uniformare alcune fratture dovute al legno combusto, ma senza una ricomposizione plastica delle parti alterate; tenendo un leggero sottotono. Le dita rifatte sono state staccate, leggermente modificate nell’intaglio e trattate, dopo la stuccatura, con un leggero sottotono nel tratteggio.
Prima di arrivare all’attuale sottotono a tratteggio, con una variazione minima rispetto alle altre parti ricucite, per queste parti (alluce bruciato e dita rifatte) si sono fatte delle prove a neutro o con una differenza più marcata nella linea di tratteggio, ma l’effetto visivo era sempre troppo invadente e dichiarato.
Il problema delle ampie chiazze brune, causate dai nodi resinosi, è stato risolto con una copertura a tratteggio di questi difetti.
Tutte le integrazioni a tratteggio, seppur molto sottili nel tratto, sono riconoscibili.
Tutta l’integrazione pittorica è state fatta con colori ad acquarello molto fini, di grande stabilità e reversibilità.
Il frammento della corona di spine, rifatto malamente a stucco, è stato rimosso e sostituito con una ricostruzione in legno di balsa (stuccata ed integrata a tratteggio anche questa).
La scultura è stata rimontata sulla croce.
La raggiera è stata mantenuta nelle forme attuali, perché l’ampia riduzione e la modifica nelle zone d’innesto alla croce, rendevano molto arduo ed arbitrale modificarne lunghezza ed ampiezza; il rinvenimento di un disegno, od uno studio approfondito con opere simili, potranno in futuro variare questa soluzione.
Su tutta l’opera è stata stesa una verniciatura a spruzzo in strato molto sottile, alternando stesure di reutocher a stesure di seiden-glass (semiopaca).
Elenco materiali impiegati
Disinfestazione del supporto: Permetarl in soluzione con essenza di petrolio, teli di polietilene, siringhe, pennelli morbidi;
Consolidamento del supporto: Paraloid B. 72 in acetone al 3-10%, siringhe;
Fissaggio delle cromie e dorature: resine acriliche in soluzione o sospensione;
Asportazione delle ridipinture e pulitura degli strati pittorici: soluzioni tamponate a base di ammonio acetato, solvent-gel a base di essenza di petrolio ed alcol benzilico, bisturi a lama mobile, carta giapponese;
Stuccatura ed integrazione pittorica: gesso di Bologna e colletta lapin, acquarelli Winsor & Newton;
Piccolo rifacimento nella corona di spine: legno di balsa preventivamente trattato con permetrina in soluzione;
Verniciatura finale: vernice retoucher e vernice semiopaca Lukas in essenza di petrolio.